33 ANNI, ITALIANA
2013: Capo Chef Jour de Fête a Strasburgo
La mia ruota è commestibile, è fatta con le mie mani, con ingredienti biologici, per lo più rotondi.
Dall'alto, appare come un mix di cibo e di braccia umane, che della ruota rappresentano i raggi.
Chef italiana di 33 anni, si è formata e si è fatta un nome lavorando in Francia.
Oggi Capo Chef al ristorante Jour de Fête a Strasburgo, precedentemente ha lavorato per Pascal Barbot all'Astrance (che ha ottenuto 3 stelle Michelin) e per Inaki Aizpitarte allo Chateaubriand, entrambi a Parigi.
Queste esperienze hanno contribuito a rendere Agata veloce nell'improvvisazione e agile nell'usare ingredienti estranei alla sua cultura alimentare.
In entrambi i ristoranti ha lavorato ricoprendo vari ruoli in cucina e questo le ha permesso di familiarizzare con tutte le portate.
Mi viene spesso in mente che i grandi artisti e le persone creative debbano anche essere insegnanti sagaci, e infatti Agata ne ha dato prova.
È stata capace di spiegare con chiarezza tutto quello che stava facendo, passo dopo passo: come aveva preparato gli ingredienti, da dove provenivano e perché erano stati scelti proprio in quel certo luogo.
Immagino che, come chef, tra i vapori, le fiamme e le grida di una cucina in piena attività, di solito Agata fosse abituata a comunicare in maniera più chiassosa, ma durante la sua presentazione ha dimostrato una vera passione sia in quel che stava facendo, sia nel trasmettere agli altri le proprie conoscenze. Il suo talento, quindi, non si esprime solo nell'abilità di produrre piatti effimeri quanto deliziosi, ma anche nella predisposizione a diffondere il suo sapere, il che resisterà molto più a lungo alla prova del tempo.
La filosofia che Agata applica in cucina permea anche la sua maniera di pensare quando ne è fuori. Il suo modo di vedere le cose è rettilineo, dall'inizio alla fine, dallo stuzzichino al dessert. La reinterpretazione che ha dato della ruota è stata lineare, e la sua sfida è consistita nel tentativo di esprimerla visivamente. Agata ha realizzato una fotografia in cui elementi culinari e umani si mischiano. Una combinazione di braccia umane e cibo, dove il corpo è collegato a ciò che lo alimenta e lo fa funzionare.
[Hanif Kureishi]
Il talento è un dono o solo un peso?
Considero il mio talento non un dono ma un processo che deriva da un'esperienza che si è evoluta e costruita nel tempo.
Sto imparando a capire le conseguenze di quello che significa: talento infatti è teoria, la pratica è assumersi la responsabilità di tutto ciò che ne consegue.
Cosa faresti se una mattina ti svegliassi e scoprissi che il tuo talento non c'è più?
In passato, mi succedeva, ogni tanto, di chiedermi cosa sarebbe successo, se avessi smesso di fare la chef.
Non ho mai trovato risposta: in realtà amo talmente il mio lavoro che non potrei fare altro.
Qual è il talento vivente che più ammiri?
Inaki Aizpitarte, cuoco francese, proprietario del ristorante Chateaubriand.
Cosa ti piace di più del tuo talento e cosa invece ti disturba?
Mi piace questa oscillazione permanente tra l'ambizione e la ricerca della perfezione.
Ugualmente, è proprio la costante oscillazione tra questi due limiti a spaventarmi, quando la spinta verso la perfezione diventa ossessiva.
Quando e come il tuo talento ti ha reso felice?
Qualche tempo fa sono venuti i miei genitori a Strasburgo, a trovarmi al ristorante dove lavoro ora.
Li guardavo mangiare, non dicevano nulla, sorridevano. In quell'istante mi sono sentita felice.
Se potessi cambiare il tuo talento, come lo cambieresti?
Vorrei poter aiutare le persone attraverso il dialogo, in maniera concreta, fisica, udibile.